Una notte sul campo

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Sè#9
icon1  view post Posted on 15/11/2005, 16:59




Non occorrono sofisticate e costose apparecchiature per l'osservazione visuale; astrofili esperti nella stima di stelle variabili o nella ricerca di novae galattiche spesso non vanno oltre un semplice 10×50!
Possiamo indicativamente ridurre a 4 le unità (ma la 3a è facoltativa) di cui ha bisogno l'astrofilo:

-uno strumento (binocolo o telescopio)
-un atlante
-un database d'informazione sugli oggetti
-pazienza e perseveranza

Quest'ultimo punto è importante se si considera che, specialmente durante l'inverno, può fare molto freddo sul campo e coloro che, come il sottoscritto, vivono in città dove purtroppo il cielo stellato rimane confinato nei manuali d'astronomia della propria biblioteca, sono costretti a sopportare alcune ore di macchina all'andata e altrettante al ritorno per avere un cielo sufficientemente scuro e decoroso.
L'importanza dello strumento è ovvia: dal momento che il potere di raccolta della luce — e quindi la capacità di discernere oggetti deboli — è direttamente proporzionale al quadrato dell'apertura, segue che anche un modesto binocolino tascabile da 20 o 25 mm. raccoglie da 9 a 13 volte più luce dell'occhio (considerando la massima dilatazione pupillare attorno ai canonici 7 mm), con conseguente guadagno da 2.4 a 2.8 magnitudini. Ciò permette già di vedere con la massima tranquillità tutte le stelle riportate dal Tirion.
L'utilizzo di un buon atlante cartaceo non è meno importante dello strumento stesso: è bello osservare il cielo stellato, ma è più appagante sapere esattamente cosa si sta osservando; se ci limitassimo a osservare a casaccio non avremmo una meta precisa da raggiungere e qualunque occupazione, anche di tipo amatoriale, priva di uno scopo presto verrebbe a noia. Un atlante celeste non è concettualmente diverso da una cartina stradale: se ci dobbiamo recare in un certo luogo dobbiamo conoscere il nostro punto di partenza e il percorso che dobbiamo fare; alcuni simboli riportati, ad esempio una croce, ci aiuta poi a identificare facilmente il campanile di una chiesa, spesso già visibile da una certa distanza. La differenza principale rispetto agli atlanti celesti è che in questi ultimi mancano le vie di collegamento, perché ce le creiamo noi stessi secondo le nostre esigenze e come più ci fa comodo.
I due atlanti che più vanno per la maggiore sono lo Sky Atlas 2000 del Tirion e l'Uranometria. Il primo è costituito da 26 bellissime carte a colori di formato ampio tipo fold-out (la Via Lattea, ad esempio, è rappresentata con isofote a 3 livelli; in figura è riportata, come esempio, una carta centrata su Orione); contiene 43.000 stelle sino alla magnitudo 8 e 2500 oggetti deepsky sino alla 13. Il secondo — e mi riferisco alla collaudata 1a edizione in 2 volumi — è in formato libro e comprende 476 carte (v. esempio), ben 352.000 stelle sino alla 9.5 e oltre 9000 oggetti deepsky sino alla magnitudo 14-15 (non esiste in realtà un limite preciso). Le carte sono fornite con generose sovrapposizioni (overlapping) che permettono di passare facilmente da una all'altra.
Attenzione: rispetto al Tirion l'uso dell'Uranometria può essere vantaggioso e svantaggioso allo stesso tempo. È senza dubbio vantaggioso se si considerano i maggiori riferimenti stellari per effettuare la ricerca degli oggetti deboli tramite lo star hopping (v. dopo). Ma può rivelarsi svantaggioso per coloro che non conoscono bene le costellazioni, in quanto le singole carte abbracciano una limitata plaga celeste, spesso senza stelle importanti di riferimento (come, ad esempio, le carte 68 e 110).
Purtroppo questi 2 bellissimi atlanti presentano alcune limitazioni, comuni a tutti gli atlanti cartacei e, di sovente, anche ai moderni atlanti elettronici. Queste possono essere così sunteggiate:

-le stelle sono rappresentate con pallini neri di diametro decrescente al crescere della magnitudo. Se la nuova edizione del Tirion ha affinato notevolmente la legenda portando a ben 19 questi pallini, ciascuno dei quali abbraccia un intervallo di mezza magnitudo, l'Uranometria ne ha conservati 12, ciascuno con intervallo di 1 magnitudo e questo potrebbe essere talvolta d'impaccio. Infatti, una stella di 2a grandezza è considerata tale se compresa tra la magnitudo 1.6 e la 2.5; una di 3a grandezza sarà a sua volta compresa tra la 2.6 e la 3.5; e così via. Ma tra una stella di 1.6 e una di 2.5 c'è quasi una magnitudo di differenza, per cui l'occhio le vede decisamente diverse! Similmente, se consideriamo una stella di 2.5 e una di 2.6, queste saranno riportate diversamente sull'atlante (in quanto la prima è considerata di 2a grandezza, mentre la seconda di 3a). Ma tra una stella di 2a e una di 3a c'è solo 1/10 di magnitudo e l'occhio non è in grado di notarne la differenza.
Ricapitolando: può capitare che 2 stelle siano riportate identiche sull'atlante, ma appaiono diverse e che 2 stelle riportate diversamente appaiano invece uguali. È quindi importante che il neofita impari a riconoscere le costellazioni direttamente sul campo, senza fidarsi ciecamente di quello che mostra l'atlante.

-le dimensioni angolari degli oggetti sono solo parzialmente in scala e sotto quest'aspetto ancora una volta l'ultima edizione del Tirion si mostra vincente sull'Uranometria, in quanto tutte le galassie sono riportate col loro effettivo orientamento. Sulla Uranometria, invece, al di sotto dei 5' la galassia viene solo rappresentata col suo simbolo e dal momento che la stragrande maggioranza delle galassie hanno dimensioni inferiori ai 5' questo non dà informazioni sull'eventuale orientamento nel campo dell'oculare (1) .

-non sono indicate le magnitudini degli oggetti e comunque non è possibile sapere se un oggetto in questione è alla portata del proprio strumento; in altri termini, anche sapendo che una galassia è, poniamo, di 12-esima, ciò non significa che sia automaticamente visibile in un 25 cm (che è di per sé in grado di mostrare stelline più deboli della 14-esima); questo perché una galassia potrebbe essere molto estesa e dotata di luminanza superficiale talmente bassa che il minimo gradiente di luce rispetto al fondo cielo potrebbe essere compromesso da una trasparenza non particolarmente buona. Un classico esempio è costituito da NGC 4395 nei Canes Venatici: è una galassia di 10.5, potenzialmente alla portata di un semplice 114/900, ma vi sfido a vederla con uno strumento del genere! In questi casi gioca infatti un ruolo importante la cosiddetta magnitudo specifica, vale a dire la luminosità per primo d'arco quadrato. In altri termini, è come se prendeste una stellina e cominciaste a sfuocarla, dapprima in una chiazza estesa, poniamo, 2' e successivamente in una di 6'; nel secondo caso la luminosità per unità di area della chiazza si riduce a 1/9 e di conseguenza sarà molto meno appariscente.

Ad ogni modo, non è poi un grave handicap non sapere come si presenterà l'oggetto, in quanto può essere fonte di sorpresa. D'altra parte, prima dell'avvento di importanti database cartacei, come The Deep Sky Field Guide associato all'Uranometria o a quello corrispondente del Tirion, in commercio da poco, o di quelli elettronici disponibili su Internet, come il Saguaro, il Simbad o il NED, giusto per citarne alcuni, l'astrofilo si trovava spesso nella condizione di dover...improvvisare, ma non per questo faceva osservazioni meno interessanti! Del resto è noto che chi osserva le comete, di aspetto egualmente nebuloso, non sa mai esattamente cosa osserverà. Questo è il motivo per cui all'inizio del discorso ho indicato il possesso di un database non strettamente necessario.

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(1) — La nuova edizione dell' Uranometria e l'atlante Millennium, che è pure cartaceo, riportano in effetti l'orientamento di tutte le galassie; ma il primo, oltre a essere costosissimo, è quasi illeggibile, in quanto tutti gli oggetti, anche quelli più addensati, vengono riportati col nome completo; il secondo, invece è molto ingombrante da consultare sul campo: è costituita da 3 grossi volumi non divisi per declinazione, come il vecchio Atlas Coeli del Becvar, ma in Ascensione Retta; ciò significa che nel corso di una lunga notte è necessario portarsi dietro tutta l'opera!






Agenda

Nel pieno significato latino di cose da fare prima di iniziare la serata osservativa. Si tratta di piccoli suggerimenti, magari banali, che tuttavia sono utili sia per evitare grossi dispiaceri, sia per ottimizzare il tempo che passiamo sul campo, godendo appieno delle nostre osservazioni.

Prepariamo una checklist
Senza arrivare all'assurdo di uno che parte per la montagna lasciando a casa il telescopio, ci sono tuttavia molte cose (indispensabili!) che se dimenticate potrebbero mandare a monte una notte d'osservazione: un oculare importante, un paio di guanti, un passa- montagna, la pila rossa, una matita per appunti....l'elenco potrebbe continuare! È quindi importante, soprattutto per chi osserva di rado, preparsi un'accurata checklist da spuntare man mano. Evitate assolutamente di fare affidamento su altri presenti sul campo per farvi imprestare questo o quello; spesso le persone sono gelose delle proprie cose, specialmente quando si tratta di capi di vestiario da prestare agli sconosciuti. Bisogna perciò essere indipendenti e autosufficienti.

Il programma osservativo
Evitate di osservare il cielo a casaccio: vi stufereste presto, soprattutto quando d'inverno il freddo si fa sentire e il sonno comincia a obnubilarvi la mente. Non è fondamentale il numero di ore che si passa al telescopio, ma riuscire a ottimizzarle e ciò si può ottenere solamente programmando in anticipo le osservazioni. Tenete inoltre presente che gli oggetti situati a declinazioni negative hanno una finestra di visibilità limitata, per cui è importante conoscere più o meno quando transiteranno in meridiano per sfruttare al meglio le condizioni di osservabilità.
Meglio ancora sarebbe disporre di un programma alternativo per le serate un po' incerte: nel caso dovesse capitare che una fastidiosa cortina di nubi stazioni proprio nella zona che vi siete scelta, anzichè optare per un'attesa nervosa potete sempre ripiegare su qualcos'altro.

Ripassiamo le costellazioni
Quando appaiono le prime stelle in cielo è il momento di controllare sia l'allineamento delle ottiche sia quello del cercatore: il primo è importante per trovare gli oggetti senza far troppa fatica, il secondo per penetrare a fondo nell'osservazione di dettagli. Si tratta comunque di operazioni che si possono, a grandi linee, effettuare anche di giorno: per quando concerne il cercatore indirizzandolo su un oggetto lontano (ad esempio il campanile di una chiesa); per l'allineamento è sufficiente osservare attraverso il portaoculari le riflessioni dei 2 specchi come in figura. Tra il cosiddetto crepuscolo civile e il buio totale passa circa una mezz'ora che potrebbe essere impiegata ripassando le costellazioni, non solo le principali e le più vistose, ma anche quelle meno appariscenti come la Lince o il Camelopardalis che sono circumpolari come l'Orsa Maggiore. Quanti astrofili sono i grado di riconoscere, ad esempio, Alfa Lyncis? O individuare il Leo Minor? Sfruttiamo dunque quest'ultima finestra crepuscolare per familiarizzarci bene con la volta stellata.

Prendiamo nota
Ogni astrofilo, qualunque sia la sua sfera d'interesse, deve tener sempre nota di quel che osserva di modo da riportarlo poi a casa sul logbook personale. Non ricordare ciò che si è visto è come non avere osservato nulla! Il metodo più semplice e immediato è quello di annotare su un pezzo di carta quanto si osserva per poi confrontarlo successivamente con immagini di riferimento. Oltre all'esempio riportato di un riscontro diretto sul RealSky, uno dei riferimenti cartacei più importanti è The Night Observer Guide, un'opera classica dell'osservazione visuale che riporta delle schede molto accurate.



Il Campo dell'Oculare

Per dare un tocco di scientificità alla nostra osservazione è necessario dapprima determinare alcuni parametri, primo fra tutti sapere com'è orientato il campo dell'oculare; è molto semplice, poiché dal momento che tutte le stelle si spostano da est verso ovest, ponendone una al centro osserviamo attentamente in quale punto del campo essa sparisce e memorizziamo questo punto.

Più importante è però conoscere le dimensioni del campo visivo fornito da un certo oculare. Esistono sostanzialmente 2 metodi per calcolarlo: uno approssimato e uno rigoroso.
Quello approssimato consiste semplicemente nel conoscere dapprima il campo apparente dell'oculare: nel caso dei SuperPloss a 5 elementi della serie 4000, ad esempio, questo è pari a 52°, nei grand'angolari è di 67°; e così via. Dopodiché si determina l'ingrandimento fornito dal sistema telescopio + oculare, che com'è noto si ottiene dividendo la focale del telescopio per quella dell'oculare; a questo punto non resta che dividere il campo apparente dell'oculare per l'ingrandimento e avere così quello effettivo. Questo metodo, come dicevo, è approssimato nel senso che non sempre la focale dichiarata, e impressa sull'oculare, corrisponde a quella reale; specialmente negli oculari a corta focale si può talvolta riscontrare una lieve discrepanza che può condurre a un valore non corretto del campo.
Il metodo rigoroso consiste invece nel portare un stella brillante situata nei pressi dell'equatore celeste al bordo orientale del campo e cronometrare il tempo che impiega ad attraversarlo. Tenendo presente che lo spostamento degli astri avviene a ritmo di 15 secondi d'arco al secondo, per determinare il campo dell'oculare in primi d'arco basterà sapere il numero di secondi che impiega la stella a passare da un'estremità all'altra del campo e dividere il valore trovato per 4 (se la stella impiegasse, ad esempio, 2 minuti esatti per attraversare il campo, questo risulterebbe di 30').
È molto importante:
1) che la stella attraversi il campo dell'oculare lungo il diametro e non lungo una corda, perché in tal caso otterremmo una sottostima del valore.
2) che stella si trovi entro 10° a nord o sud dell'equatore; al di fuori di questa fascia avremmo invece una sovrastima del campo (2)

Un'altra cosa importante, specialmente quando vogliamo stimare la dimensione di un oggetto, è crearsi delle lunghezze campione, vale a dire memorizzare la distanza di una doppia le cui componenti abbiano una separazione nota. A questo proposito sono utili certe stelle come Ny Draconis con separazione di 62'' (praticamente 1 primo d'arco), Albireo (separazione 34'', circa mezzo primo) ed Epsilon Lirae (3.5'). Uno dei vantaggi della Ny Draconis è che essendo circumpolare è utilizzabile per tutto l'anno. Se l'oggetto è molto esteso conviene tuttavia stimarne le dimensioni direttamente in frazioni di campo.

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(2) — La formula precisa, indicando con C' il campo in primi d'arco, con T il tempo in secondi e con d la declinazione della stella è: C' = ¼ (T / cosd)


Lo Star-Hopping

Questa è una parola entrata da tempo del gergo amatoriale e significa semplicemente cercare gli oggetti saltando letteralmente da una stella all'altra. In pratica si tratta di riconoscere nel campo del cercatore (o anche direttamente nell'oculare del telescopio) le stelle riportate sull'atlante che ci guideranno sul bersaglio. È un procedimento che si deve obbligatoriamente effettuare quando impieghiamo un dobsoniano o un telescopio comunque sprovvisto di cerchi graduati, ma si rivela più semplice di quanto si possa immaginare. L'occhio umano tende infatti a riconoscere facilmente particolari raggruppamenti di stelle (triangoli, quadrilateri, catene, archi e via dicendo); la figura mostra alcuni di questi piccoli asterismi nei quali è facile imbattersi e che una volta individuati possono costituire un comodo riferimento per il salto successivo.
Quando si effettua lo star-hopping per arrivare su oggetti relativamente brillanti come quelli di Messier abbiamo il vantaggio che spesso sono già visibili in un buon cercatore da 40 o 50 mm. Tuttavia se siamo già intenzionati a eseguire un'osservazione profonda e dettagliata dell'oggetto e non vogliamo quindi aver la seccatura di cambiare oculare dobbiamo dapprima verificare il perfetto allineamento del cercatore; è pertanto necessario che quando il centro del crocicchio si trova sul bersaglio esso appaia al centro di un oculare a forte ingrandimento. Per ottenere questa messa a punto sia con i dobsoniani, sia con gli strumenti privi di moto orario è molto comodo utilizzare la stella Polare: quando riusciamo a farla sparire dietro il crocicchio l'allineamento è perfetto.
Ma che dire se vogliamo osservare una debole galassia non visibile nel cercatore?
Proviamo a cercare la galassia NGC 2344 usando la carta 68 dell'Uranometria; puntiamo il cercatore, che supponiamo abbracci un campo di 5 gradi, sulla coppia 21 e 22 Lyncis; se ci si sposta sul prolungamento 22-21 Lyn per circa 4 volte questa distanza arriviamo a un triangolino isoscele ottusangolo con l'angolo ottuso che punta nella stessa direzione. Possiamo immaginare, come si vede dalla figura, una sorta di freccia. Arrivati al vertice ottuso basterà proseguire ancora un tantino oltre posizionando il centro della crociera a una distanza che è circa la metà di quella dei 2 lati (di qui l'importanza, ricordata sopra, di aver prima allineato perfettamente il cercatore). A questo punto, se tutto è a posto potete tranquillamente osservare nell'oculare del telescopio già a forte ingrandimento: la galassia è sicuramente centrata. Se avete un 20 cm e non la vedete subito, in quanto piuttosto debole, non spostate il telescopio, ma spazzolate lentamente il campo con lo sguardo: prima o poi salterà fuori! (3)

(3) — I cercatori a visione diretta, ossia senza il prisma zenitale, forniscono, com'è noto, un'immagine capovolta del campo; in questi casi può essere molto utile ruotare la carta per avere una corrispondenza diretta con quello che si vede in cielo; in questo modo il vantaggio che si ottiene supera la seccatura di avere le scritte al contrario. Almeno così è per lo scrivente

Edited by Sè#9 - 15/11/2005, 16:55



Registriamo le Osservazioni

Quando prendiamo nota di un'osservazione dobbiamo cercare di riportare il più fedelmente possibile ciò che abbiamo visto. Facciamo un esempio pratico con l'aiuto della figura. Osservando lo spostamento delle stelle abbiamo stabilito dov'è l'ovest. Inoltre abbiamo stimato, tramite le misure campione di cui abbiamo parlato prima, che distanza delle 2 stelline più brillanti della "Y" sopra la galassia è di 2 primi abbondanti. Inoltre si nota una coppia serrata di stelline verso il bordo settentrionale del campo, mentre la stella brillante situata a ESE dell'oggetto è meno importante ai fini della descrizione.
E la galassia?
Questa appare molto allungata in direzione NW-SE, con un'estensione, basata sulla stima della "Y" di prima, di circa 4'. Presenta un bulge evidente, un nucleo stellare e una stellina a ridosso del margine nord-orientale. La stella doppia serrata si trova a circa 6' di distanza dal nucleo della galassia grosso modo in direzione nord.
Tutte queste informazioni vanno riportate sul brogliaccio assieme alla data di osservazione e, preferibilmente, le condizioni del cielo (trasparenza e seeing). Se per puro caso un'immagine fotografica della galassia non mostrasse la stellina a ridosso del nucleo potremmo avere anche scoperto una supernova! Non è dunque meglio perdere qualche minuto e scrivere tutto quanto? Non si sa mai...



Casi Particolari

Spesso individuare un oggetto debole non è facile per una serie di motivazioni. Innanzitutto una galassia potrebbe essere molto disturbata dalla luce di una stella brillante situata nelle immediate vicinanze e che non si riesce a tener fuori campo neppure ad alti ingrandimenti. Nell'esempio riportato è difficile stabilire a prima vista se l'evanescente macchiolina rotonda indicata dalla freccia è effettivamente la galassia o un artefatto prodotto dalla stella. In questi casi conviene spostare molto lentamente il telescopio mentre si osserva: normalmente gli artefatti o scompaiono di colpo o diventano più vistosi; se la macchiolina invece si sposta coerentemente col movimento che impartite allo strumento si tratta sicuramente del vostro bersaglio. Nell'esempio riportato, poi, il compito è facilitato dalla presenza di una stellina a ridosso.

Un'altro caso che capita di sovente è quello di una galassia situata in una zona di campo depleta. In questo caso l'occhio non riesce ad "ancorarsi" a un riferimento — come appunto una stellina — e l'oggetto diventa difficile da vedere. Ricordatevi che abbassare gli ingrandimenti per avere più campo, e quindi aumentare la probabilità di avere un riferimento stellare, non è sempre efficace, perché certe galassiette elusive scompaiono del tutto a bassi ingrandimenti! Meglio in questi casi essere sicuri di averla centrata e spazzolare lentamente con l'occhio tutto il campo. Se il risultato è negativo non affaticatevi inutilmente la vista, ma ripetete l'operazione di puntamento una seconda, una terza e se è il caso anche una quarta volta: trattandosi di un puntamento manuale il crocicchio del cercatore andrà a cadere ogni volta molto vicino al puntamento precedente ma è difficile che vi vada proprio a coincidere. Spesso queste piccole differenze permettono prima o poi di avvistare l'oggetto.
Il terzo e ultimo esempio che proponiamo, e che ancora una volta mette in luce l'importanza di utilizzare alti ingrandimenti in questo tipo di osservazione, è quello di una galassietta che si trova all'interno di un piccolo asterismo di stelline brillanti. In pratica è una sorta di rilettura del primo esempio.

Come potete vedere dalla figura nell'esempio di sinistra la galassia è a malapena visibile, mentre diviene facilmente riconoscibile a destra aumentando gli ingrandimenti. La motivazione di questo è immediata: quando il seeing è buono, e le stelle rimangono quindi puntiformi aumentando la potenza dello strumento, non abbiamo fatto altro che aumentare la distanza angolare delle stelline riducendo nel contempo la luminanza di fondo cielo. Risultato: un maggior contrasto visivo.





info prese da:
galassiere
 
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