20 Aprile 2007, Un’occhiata al futuro delle missioni astronomiche

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Olgola
icon11  view post Posted on 24/5/2007, 21:00




L’ESA ha annunciato i risultati del bando per le missioni astronomiche del futuro, oltre il 2015. Dunque che cosa ci aspetta nei prossimi anni?

Il bando si riferiva al programma Cosmic Vision, cioè il programma di attività di ricerca astronomica condotta dallo spazio, l’elemento “core” dell’Agenzia Spaziale Europea. Cosmic Vision intendeva programmare il periodo di attività che va dal 2015 al 2025. Sembra un futuro lontano, ma bisogna considerare che solo ora si sta completando il programma Horizon 2000, che era stato formulato nel 1984, e che oggi sta dando i suoi frutti il programma Horizon +, messo a punto nel 1994 e che copre le attività fino al 2014. Quando si tratta di spazio e di coordinamento internazionale sono necessari anni e anni di programmazioni.
Abbiamo ricevuto oltre 60 lettere di intenti, cioè proposte preliminari di missione, che riguardano sia progetti di media entità (missioni M), con un finanziamento massimo di 300 milioni di euro, sia missioni di classe L, il cui costo non deve superare i 650 milioni di euro.

Nel complesso le lettere ricevute sono aumentate di circa il 50% rispetto al bando lanciato nel 1999. Segno che in questi anni l’ESA ha lavorato bene, che i risultati sono stati apprezzati dalla comunità scientifica.

Su quali temi si concentrerà Cosmic Vision?

Cosmic Vision è costruito sulle basi delle conoscenze accumulate fin qui, che hanno risposto a molte domande ma ne hanno fatte sorgere molte di più. Dal sistema solare alla cosmologia, sono stati messi in evidenza i punti scientificamente deboli, ciò che crediamo sia prioritario capire prima di proseguire lil nostro cammino di conoscenza.

Tutto questo guardando anche alle risorse disponibili, all'investimento tecnologico, al mantenimento della competitività delle industrie spaziali europee.

Le proposte ricevute coprono tutti i temi identificati come primari da Cosmic Vision. Per esempio, per quanto riguarda il sistema solare, sono state proposte missioni per il proseguimento dell’esplorazione del Sole, sonde per lo studio di Giove e del suo satellite Europa, che appare incastonato in una crosta di ghiacci”, navicelle per la ricerca di acqua allo stato liquido su Encelado, una delle lune di Saturno.

E saltando nel campo della cosmologia, sono stati proposti satelliti per raccogliere la radiazione residua originata dal Big Bang, missioni che intendono raccogliere dati a favore o contro le teorie relative all'espansione dell'universo, altre che si pongono l’obiettivo di indagare i limiti di validità della forza di gravità.

Del resto, la ricerca è sempre aperta a sorprese: sia quando si indagano campi ancora poco battuti, sia quando invece si approfondiscono oggetti che crediamo di conoscere. Il Sole, per esempio, l’unica stella che possiamo studiare con sonde ravvicinate e che incarna la tipica stella media dell'universo.

Il Sole ha comportamenti e fenomeni fisici insospettati. La sonda SOHO, che l'ESA ha lanciato in collaborazione con la NASA, Ulysses, anch’essa una collaborazione NASA/ESA, ci hanno rivelato un sole molto più inquieto e violento di quel che non sapessimo. Al tempo stesso la missione Cluster dell'ESA, composta da 4 satelliti, insieme alla missione Double Stars condotta in collaborazione con la Cina, hanno chiarito molti meccanismi dell'interazione tra sole e Terra, cercando di comprendere in profondità il meccanismo che porta alla formazione delle aurore polari. Le aurore hanno infatti una fase quiescente, in cui si presentano come archi luminescenti, ma poi possono essere rotte da una vera e propria danza di luci. Lo studio di questa seconda fase dinamica è molto complessa e molto interessante e ci aiuta a capire anche come il funzionamento dei ricevitori GPS viene influenzato dal campo magnetico e dalle particelle cariche che danno luogo a questo fenomeno.

Come si procede per il futuro? Quali saranno i prossimi passi?

Il prossimo 29 giugno è la data di cadenza per la presentazione delle proposte dettagliate delle missioni. A questo punto uno speciale comitato dell’ESA (lo Space Science Advisory Commitee) e i gruppi di lavoro scientifico dovranno studiare in dettaglio le proposte e selezionarne, entro i primi sei mesi del 2009, tre di tipo M e tre di tipo L. Ma solo due per ciascun gruppo sopravviverranno alla selezione successiva, che terminerà per la fine del 2009. Le quattro missioni scelte entreranno nella fase A, cioè la fase di definizione. È in questa fase che dovrà essere preparato il progetto di costruzione, la scelta dei materiali, degli strumenti scientifici e di come realizzarli nel modo più efficiente.

In questa fase, sulla base dei progetti dettagliati, si aprirà una competizione fra industrie europee per aggiudicarsi il mandato per la costruzione dei vari strumenti e dei sottosistemi del satellite. Siamo, a questo punto, a metà 2011.

Alla fine dell’anno, saranno selezionate una missione M e una missione L, che entreranno nella fase finale dello sviluppo. Le date di lancio sono previste rispettivamente per il 2017 e il 2018.

Da qui al 2015 però passeranno sotto i ponti molti dati provenienti dallo spazio, a partire dalle future esplorazioni marziane, fino ad altre missioni di enorme interesse, come per esempio il telescopio Herschel, Planck o il James Webb Space Telescope. Quali sono gli obiettivi di queste due missioni?


Sono missioni che hanno alcuni aspetti di continuità e alcuni aspetti complementari, come del resto accade spesso: è una scelta di politica spaziale ben precisa. Oggi l’astrofisica si basa sullo studio delle proprietà di una sorgente utilizzando più strumenti, per ottenerne una visione “policroma”: dalle alte energie, alla luce visibile, alle basse energie. È così per esempio che siamo in grado di scoprire le immense quantità di materia oscura in cui sono immersi gli ammassi di galassie. Herschel e Planck sono telescopi che saranno lanciati nel 2008.

Il primo osserverà il cielo nell’infrarosso, alla ricerca delle strutture più antiche dell’universo, mentre Planck si spingerà ancora oltre, nello studio della radiazione fossile emessa dall’universo stesso in virtù della propria espansione. Sono missioni di una bellezza e di un interesse estremo.

Il James Webb Space Telescope, invece, è il sostituto naturale del Telescopio Spaziale Hubble. Come l’HST, anche il JWST è un progetto condotto in stretta collaborazione con la NASA, a cui ha aderito anche l’Agenzia Spaziale Canadese. Il JWST sarà lanciato dalla base europea di Kourou, a bordo di un Ariane 5.

Al momento la data prevista per il lancio è il 2013. Avrà uno specchio primario di circa 6 metri e mezzo, circa il doppio dello specchio dell’HST, e sarà sensibile, oltre che al visibile, soprattutto all’infrarosso. È stato progettato per studiare l’universo lontano: l’HST, con un’operazione straordinaria di osservazioni ripetute, è riuscito a identificare le galassie più vecchie che conosciamo, nate appena 800 milioni di anni dopo il Big Bang. Sono galassie che appaiono molto rosse e ci aspettiamo che emettano una notevole quantità di radiazione infrarossa. Il JWST ci permetterà di approfondirne la conoscenza, perché sarà sensibile proprio a quella parte di spettro elettromagnetico. Ci aiuterà a capire l’origine dell’universo e la sua evoluzione, fino all’aspetto del nostro universo vicino.

Il JWST, Planck, Herschel saranno telescopi spaziali che, a differenza di Hubble, che orbita intorno alla Terra, opereranno a circa 1,5 milioni di kilometri dal nostro pianeta, nel cosiddetto punto lagrangiano secondo (L2), in direzione opposta a quella del Sole: un luogo sufficientemente freddo da tenere protetti i loro strumenti sensibili alla radiazione infrarossa emessa dalla Terra, dalla Luna, dal Sole stesso.

Oltre alle missioni cosmologiche e oltre l’esplorazione di Marte, è stata approvata anche BepiColombo, la prima sonda che si appresta a studiare da vicino il pianeta Mercurio, uno dei meno conosciuti. Quando sarà lanciata?

BepiColombo appare singolare fin dal nome: BepiColombo sta per Giuseppe Colombo, scienziato italiano che, fra l’altro, ha studiato a lungo il meccanismo di fionda gravitazionale, che poi ha rivoluzionato la tecnica di “navigazione” interplanetaria delle sonde, risolvendo diversi aspetti legati alla propulsione.

BepiColombo, che è sviluppato in collaborazione con la JAXA, l’Agenzia Spaziale Giapponese, sarà lanciato nel 2013 e consiste di una coppia di navicelle, che si metteranno in orbita intorno a Mercurio a quote diverse, studiando sia la superficie del pianeta, sia la sua magnetosfera. È un pianeta quasi sconosciuto, in effetti, che non è mai stato visitato da una sonda e che per la sua vicinanza con il Sole, circa il 40% della distanza Terra-Sole, è esposto a condizioni di riscaldamento estreme. La sfida, oltre che di tipo scientifico, è tale anche dal punto di vista ingegneristico: per quanto la distanza Terra Mercurio sia relativamente ridotta, le sonde impiegheranno circa 6 anni per arrivare a destinazione, proprio perché dovranno sfruttare vari passaggi ravvicinati con la Luna, la Terra, Venere e Mercurio stesso.
 
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