23 novembre 2006, Di Venere e di Marte

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Olgola
icon11  view post Posted on 5/12/2006, 17:06




La NASA sembra aver definitivamente rinunciato a cercare la sonda Mars Global Surveyor, che orbita intorno a Marte e che non da più segni di attività. Come sta la Mars Express dell’Agenzia Spaziale Europea?

Mars Express sta bene, grazie. Da quando è entrata in orbita intorno a Marte, il 25 dicembre 2003, la sonda ha raccolto dati molto interessanti, rivelando per esempio un esteso permafrost intorno al polo sud marziano, e segnando fra l’altro anche la prima volta in cui si è visto direttamente un bacino di acqua, liquida o ghiacciata che sia, sotto la superficie di Marte. Ed entrambi i risultati con strumenti la cui responsabilità scientifica è italiana.
Una curiosità: qualche giorno fa, è stato reso pubblico un filmato, ricavato dai dati raccolti dalla sonda, che ci fa sorvolare una famosa area di Marte, la regione Cydonia. Cydonia era balzata sulle cronache negli anni ’70, quando la sonda Viking della NASA aveva annunciato che la mesa, perché di questo si tratta, aveva una forma che ricordava un volto umano. Naturalmente non si tratta di una costruzione di una civiltà marziana, ma solo di una apparenza legata alla scarsa risoluzione delle immagini di allora. Dal sito web dell’ESA dedicato alla Mars Express è possibile scaricare un bel filmato in alta risoluzione che mostra il modello 3D della mesa marziana realizzato con i dati raccolti dalla Mars Express.

Voglio aggiungere che nonostante il “pensionamento” della Mars Global Surveyor, Marte continua ad essere il pianeta con il maggiore traffico da satellite: oltre alla Mars Express dell’ESA, proseguono le osservazioni della sonda Mars Odissey, lanciata nel 2001 dalla NASA, e sono appena iniziate quelle della Mars Reconnaissance Orbiter, sempre della NASA, che ha raggiunto Marte lo scorso marzo. Sul pianeta poi ricordiamo che i due rover Spirit e Opportunity stanno continuando a raccogliere immagini della superficie.

Lasciamo Marte e spostiamoci su Venere. Un anno fa è stata lanciata la missione Venus Express dell’ESA, una sonda che ha segnato il ritorno dopo circa un decennio all’esplorazione di Venere. Quale è il bilancio di questi primi 12 mesi?

Il bilancio è positivo sia dal punto di vista tecnico sia per quanto riguarda la raccolta dei dati. La prima sfida da vincere dopo il lancio era l’inserimento in orbita intorno a Venere. Si consideri il fatto che Venere, insieme a Marte, è stato l’obiettivo più gettonato di missioni esplorative, specialmente negli anni ’60 e ’70, ma che ha anche il triste primato del numero di missioni fallite.

L’11 aprile 2005, Venus Express, invece, è entrata in orbita intono a Venere senza problemi e, dopo una serie di manovre, ha raggiunto la sua orbita operativa il 7 maggio. Si tratta di una traiettoria molto ellittica che raggiunge il punto più vicino al pianeta in corrispondenza al Polo Nord venusiano, a circa 259 kilometri dalla superficie, e il punto più lontano quando si trova a passare sopra il Polo Sud, a circa 66 mila kilometri di quota. Dal 7 maggio, quindi, la sonda ha iniziato a investigare l’atmosfera di Venere, prima eseguendo una serie di test, quindi in modo operativo dall’inizio di giugno.

Tutto questo per dire che la fase scientifica vera e propria è iniziata solo cinque mesi e mezzo fa, e nonostante questo i risultati sono molto interessanti.

Venere rappresenta una vera e propria sfida scientifica: la spessa atmosfera del pianeta rende impossibile l’osservazione diretta della superficie se non attraverso tecniche radar ed è essa stessa un vero e proprio mistero. Venus Express ha chiarito qualche cosa in questi mesi?

Diciamo che ci sta lavorando. Venus Express è una missione disegnata per dare un contributo rilevante proprio in relazione agli aspetti atmosferici. Anche grazie alla collaborazione internazionale. È suggestivo sapere, in effetti che, mentre Venus Express sta osservando un doppio vortice al polo nord del pianeta - una struttura che fu scoperta dalla sonda Pioneer della NASA, più di 25 anni fa - su Saturno la sonda Cassini della NASA sta osservando un vortice, anch’esso polare.

Confrontando le osservazioni delle due sonde, cercheremo di capire meglio i meccanismi di base che danno luogo a questi fenomeni.

Quel che si sa è che, a differenza dei cicloni terrestri, che sono causati da aria umida che si muove verso l’alto e che viene avvolta in un vortice dalla forza di Coriolis - una forza legata alla rotazione della Terra intorno al proprio asse – i vortici polari si formano a causa di un’area di bassa pressione che richiama l’atmosfera dagli strati superiori. Nella discesa, il gas inizia a formare un gorgo. Ciò che del vortice di Venere colpisce è che sia doppio, che abbia due “occhi”. Questo rimane non completamente chiarito e serviranno altre osservazioni, altri dati e forse altre missioni.

In attesa di nuovi risultati, Venus Express si gode anche il riconoscimento che ha ricevuto da una delle riviste di scienza e tecnologia più diffuse del mondo, la Popular Science, un mensile USA che vende circa un milione e mezzo di copie. Perché questo premio?

Da una parte perché la Venus Express ha un impatto significativo sul modo che abbiamo di pensare a Venere. Ma anche perché è una missione che è stata realizzata in modo decisamente diverso dalle altre: in un certo senso nasce da una costola di Mars Express.

Quando si realizza una missione, la navicella e gli strumenti vengono costruiti in più di una copia: questo serve, per esempio, per evitare che un danno casuale a uno strumento, per esempio nella fase di trasporto, possa mettere in difficoltà l’intera missione.

Venus Express utilizza una navicella spaziale gemella di quella di Mars Express e un certo numero di strumenti che erano stati costruiti per l’esplorazione di Marte e che sono stati opportunamente modificati. Questo approccio ha permesso di “inventare” in tempi rapidi una missione che non era stata preventivata, di contenere i costi, di utilizzare al meglio del lavoro già svolto e, certo non ultimo, di raccogliere dati scientifici di notevole rilevanza.

Un meccanismo virtuoso, insomma, che Popular Science ha voluto premiare con il suo riconoscimento.
 
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