27 ottobre 2006, Aspettando COROT

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Olgola
icon11  view post Posted on 29/10/2006, 13:39




La scoperta di 16 nuovi pianeti che orbitano intorno a stelle diverse dal Sole, ha riacceso il fermento per il lancio, previsto per dicembre, della missione COROT, una missione internazionale che ha fra i suoi obiettivi proprio la caccia ai pianeti. Che tipo di missione sarà COROT?

COROT cercherà di scoprire nuovi pianeti con una tecnica finora utilizzata molto poco: misurando cioè con grande precisione la variazione di luminosità delle stelle intorno alle quali orbitano.
Solo nel 2002 il telescopio spaziale Hubble (NASA/ESA) è riuscito a confermare una scoperta di un pianeta extrasolare in questo modo: si tratta di riuscire a misurare l’indebolimento della luce di una stella durante il transito del pianeta di fronte al disco della stella stessa.

In altri termini, se siamo abbastanza fortunati da osservare una stella proprio mentre un pianeta che gli orbita intorno si sta interponendo tra la stella e il nostro telescopio, allora riveliamo un indebolimento della luce della stella. È una piccola eclisse, insomma.

Ottenuti questi dati, si tratterà di capire se le variazioni di luminosità dipendono da proprietà della stella oppure, per esempio, veramente dalla presenza di un pianeta intorno ad essa che la eclissa in modo regolare.

Fino a oggi sono stati scoperti oltre 200 pianeti esterni al sistema solare, la maggior parte dei quali ha una massa confrontabile con quella di Giove. Nessuno di loro sembra dunque indicato a ospitare la vita. Che tipo di pianeti potrà scoprire COROT?

La maggior parte dei pianeti che ci aspettiamo che COROT scopra sono simili a quelli già noti: di massa simile a Giove e vicini alla stella intorno a cui orbitano. Questo è chiaro: più grande è un pianeta e più vicino si trova alla stella, e maggiore sarà l’eclisse che determina. E dunque più semplice sarà di rilevare perché maggiore sarà la variazione in luminosità associata.

Ma poiché COROT osserverà migliaia e migliaia di stelle, determinandone la luminosità in modo molto accurato, ci aspettiamo che una percentuale significativa di nuovi pianeti possa avere dimensioni paragonabili alla Terra. Quindi non giganti gassosi come Giove, ma pianeti rocciosi . Rimane il limite della vicinanza alla Stella: ci aspettiamo che i pianeti scoperti orbiteranno vicino alla loro stella-madre più di quanto il nostro Mercurio non sia vicino al Sole. In altri termini, è molto improbabile che saranno pianeti candidati a ospitare la vita nelle forme che già conosciamo.

E anche vero, però, che le condizioni affinché si sviluppi la vita sono molte: per esempio non tutte le stelle emettono la stessa quantità di radiazione UV e X, che sterilizzano la superficie di un pianeta roccioso. Se si trattasse di una stella “debole”, per esempio una stella di massa minore di quella del Sole, le cose potrebbero cambiare e il pianeta potrebbe persino ospitare in superficie acqua allo stato liquido, che per come noi conosciamo la vita è un elemento indispensabile per lo scambio di calore e sostanze nutritive.

COROT non ha come suo unico obiettivo la ricerca di pianeti, ma anche lo studio di veri e propri terremoti stellari. Che cosa è un terremoto stellare?

COROT estende alle stelle un tipo di studi già compiuto sul nostro Sole, anche grazie al contributo di oltre dieci anni di attività del satellite SOHO, una missione congiunta NASA/ESA, che ha fatto fare un vero salto di qualità a questo settore dell’astronomia, oggi noto come astrosismologia.

E in effetti si tratta proprio di identificare le onde sonore che fanno vibrare la superficie delle stelle. Il nome è suggestivo, ma non deve ingannare: anche i nostri terremoti danno luogo, tecnicamente, a onde sonore, che naturalmente non possiamo udire. Sulle superfici stellari accade lo stesso: a causa di esplosioni, per esempio, vengono originate onde sismiche, onde sonore appunto, che si propagano sulla superficie delle stelle o che ne attraversano le zone più interne.

Queste oscillazioni si traducono, per noi che siamo molto lontani, in variazioni - anche molto piccole - della luminosità stellare: ed è questo che COROT sarà in grado di rilevare. In questo modo, si spera di raccogliere dati sufficienti per applicare a una cinquantina di stelle una tecnica messa a punto per il Sole: lo studio delle onde sismiche solari è infatti la più potente sonda per studiare direttamente le condizioni interne della nostra stella. COROT, identificando le variazioni di luminosità, ci consentirà di rilevare onde sismiche sulle stelle e, dunque, di sondare i loro interni.

Questi studi dettagliati, ci permetteranno di approfondire la conoscenza dell’evoluzione stellare: di come cioè stelle di differente massa iniziale si modificano nel corso della loro vita. A parole sembra persino semplice, ma la pratica scientifica quotidiana che supporta queste ricerche non è affatto banale!

COROT è una missione internazionale guidata dal CNES, l’Agenzia Spaziale Francese. Che ruolo ha l’ESA in questa collaborazione?

A COROT partecipano, oltre la Francia, anche Austria, Spagna, Germania, Belgio e Brasile ma i suoi risultati saranno utilizzati da una vastissima comunità internazionale, naturalmente.

L’ESA ha un ruolo assolutamente cruciale, visto che fornisce le ottiche del telescopio di COROT, che ha uno specchio principale di 30 centimetri di diametro, che è, ovviamente, un po’ il cuore della missione. L’ESA fornisce anche due unità di bordo di elaborazione dati. Inoltre il telescopio è stato collaudato nelle strutture di ESTEC, il centro scientifico-tecnologico dell’ESA in Olanda.

Per l’ESA COROT è un passo importante verso la costruzione della missione Darwin, progettata specificamente per dare la caccia ai pianeti simili alla Terra, e che sarà costituita da quattro navicelle capaci di distinguere variazioni di luminosità minuscole, come quella rappresentata dall’accensione di una candela di fianco a un faro a una distanza di circa 1000 kilometri.

 
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